di Stefania Lombardi
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Questa è la storia di due genitori (lui psichiatra, lei studentessa con una tesi sulle donne e la stregoneria) che hanno perduto il loro bambino durante un loro atto d'amore.
No, non è solo questo.
Perdere un figlio per un genitore è un atto innaturale e violento ma il film ANTICHRIST, non contento, va ancora oltre.
Qui, questo dolore atroce, profondo, inumano, è scandagliato fin dentro le viscere più profonde e, nella natura, nel bosco (un bosco che, guarda caso, si chiama EDEN), è lasciato libero di esprimersi fino in fondo.
La psicanalisi ci insegna che davanti al dolore della perdita il sopravvissuto si sente in colpa ed è naturale che sia così.
Ma cosa succederebbe se oltre a tale senso di colpa naturale si aggiungesse un senso di colpa reale ed impellente che con estrema prepotenza chiede di esplodere?
Cosa succederebbe se nella natura e senza testimoni potessimo dar vita a tutti i nostri più biechi istinti che partono da quel senso di colpa primordiale?
Il senso di colpa si esplicita nella natura perchè la natura è madre e/o matrigna e qui abbiamo una genitrice che ha smesso di essere madre; una genitrice attenta ai naturali problemi delle donne e per questo si era avvicinata a studi sulla vita di donne perseguitate come streghe.
In questo film tutto è reale e tutto è simbolo.
Amore e morte sono solamente una delle chiavi di lettura.
Non è un film di facile comprensione e sembra essere catartico per le poche persone che conoscono il dolore vero, atroce, indicibile.
Questo film si spinge, nel dolore, fin dove il sofferente sarebbe potuto arrivare se non fosse limitato e bloccato dalle convenzioni sociali.
Vedendolo, è subito chiara una cosa: da una parte ci sono i registi, dall'altra i grandi registi ed in una categoria totalmente a parte c'è invece il sublime Lars Von Trier che firma questo film.

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