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Donativo Pietrino

 

Donativo Pietrino

C’era una volta, una volta c’era…e fortunatamente per noi … c’è ancora uno stagnino di San Michele Salentino, il suo nome è Pitrino.

Nato nel 1925, Pitrino ha una voce simpatica ed un timbro fischiettante ed è uno di quei semplici uomini che prendono la vita allegramente.

Famiglia numerosa la sua “Mamamm ogni 9 mìs ccattev nu piccinn” .

Come la maggior parte dei bambini ha frequentato la scuola elementare e come la maggior parte dei bambini non la gradiva. È stata per lui una cosa brutta brutta brutta! Il suo maestro ero un forestiero e la scuola era nel fabbricato di Allegretti; un posto per le riunioni, per il cosiddetto “dopolavoro”.

Pitrino ha vissuto una realtà ai suoi albori, la realtà del suo paesino. Dapprima abitava in una casa presa d’affitto dove non c’era ancora il bagno. Logico! Ancora dovevano inventarlo!! Il rimedio meno confortevole erano “lu uert”, ossia un fosso “nu mundon”…

A 10-12 anni faceva “li Bann cullu Tatamburr” del papà: “Alla chiazz è ‘rrivet lu pesc frisch”, urlava. A quel tempo San Michele aveva pochi fabbricati, era tutta campagna. C’era il parrocchiano “Papa Pietr” e tutte le domeniche veniva “cu lla sciarrett e lu ciucc”. Vicino alla chiesetta c’erano “li Curt” (dove i contadini tenevano la pecore). Un giorno rubarono “lu ciucc a llu prevt”e fu il fratello a farlo ritrovare a San Vito.

Poi costruirono la chiesa Grande…

Dal banditore poi fece lo stagnino aiutando il padre, imparò anche da bravo figlio a fare il fuochista. Sì, sì il fuochista, “none l’appiccia fuec”, a Francavilla Fontana, lì dove c’era una fabbrica di un amico. Erano presenti a tutte le feste, in quanto era muniti anche di lucette al carbonio. Facevano le feste in campagna alla Madonna Piccola, ad Ajeni e ancora non c’era corrente.

A 16 anni nasceva in lui la passione per la musica e cominciava a prendere lezioni da un maestro del paese insieme ad un gruppo di 22 o 23 giovanotti.

Ben presto cominciarono a suonare tutti insieme durante le processioni o ai funerali, non ancora dentro una “banda grande”. Imparò con velocità ed il suo estro da musicista cominciò a convincere chi lo invitò a suonare per la banda di Carovigno… in Calabria nelle zone di Catanzaro. Oggi i musicisti hanno il proprio camper o pullman, ai tempi di Pitrino viaggiavano con il camion a rimorchio su strade polverose e sabbiose. C’era un ponte pericoloso che facevano a piedi di circa100 o 200 m .

Siamo ancora nel periodo antecedente alla guerra, nel periodo in cui Pitrino cominciò a fare l’autista per un consorzio agrario, chiamato “Oliva”.

Poi a San Michele “sbarcarono” gli inglesi ed una mattina mentre era a Villanova gli accadde un episodio davvero curioso: aveva in tasca 69 sigarette. Uscito dal porto faceva da cicerone a una cinquantina di camion. Fu fermato dai gendarmi che gli trovarono indosso le sigarette con delle scatole di “carne e pastunech”. Lo portarono in questura, poi in carcere per 10 giorni. Il padre fortunatamente aveva un amico “giudice” a Lecce al quale si raccomandò; così fu spedito lì.

Il carcere di per sé non è un luogo accogliente, quello di Lecce fece a Pitrino un’impressione orrenda: pieno di “pacc”… la stanza 21bis poi!!. Fu condannato alla pena di un mese da scontare lì. Una volta scontata la pena il giovane fu chiamato per leva militare ad Orvieto.

Come musicista qui fece grande scalpore e vi rimase per ben 24 mesi.

Tornato dalla leva intorno al ’47, faceva il postino per gli inglesi, andava ad Arezzo, Firenze, Roma.

Insomma fece tutti i mestieri.

Nel ’49 sposò una certa Maria “di Scasciafarner”. La portò in Inghilterra con sé dopo aver passato le preselezioni a Napoli; gli inglesi cercavano operai.

Pitrin non sapeva neanche dove fosse l’Inghilterra. E da S. Michele partì anche con un amico, Giovanni Cavallo (oggi a Varese) che avrebbe fatto il suo stesso mestiere. Da Calé presero per Bermingam dove avrebbero lavorato in una fabbrica chimica grande la metà dell’attuale S. Michele e come nelle barzellette sugli italiani lui è riuscito sempre a primeggiare e a farsi valere. Ora faceva i dentifrici e conobbe un grande amico “Wolter” che volle affidargli il figlio per farlo venire in Italia nel ’63.

Poi sempre li imparò a fare il vigile del fuoco. Racimolò un bel gruzzoletto e tornò in Italia dove costruì la sua casa. Qui ritornò presto a fare lo Stagnino. Faceva i vasi da notte perché ancora mancava la fogna e le donne si vergognavano ad uscire “cu llu Candr anghep”. All’epoca passava la “carrizz” tutte le mattine e veniva segnalata da un suono di tromba , un corno d’ottone… e le donne correvano coperte da un foulard per non farsi riconoscere.

Tra gli attrezzi che stagnava c’erano i porta-tovaglioli, le grattugie, le caldaie… Pensate un po’ anche i coperchi delle bare. Insomma lavori sudici ma sicuramente utili.

Così proprio da stagnino divenne famoso in paese… Sì, Sì!! per essere uno stagnino!!!

Addirittura quando tornò a casa dopo l’Inghilterra non avendo più trovato il flauto col quale suonava nella banda di San Michele (probabilmente il padre glielo aveva venduto) e cominciando ad avere problemi alla vista abbandonò quella che per lui è ancora oggi una passione: La Musica.

Oggi è un personaggio strepitoso e ancora molto fantasioso oltre che baldanzoso.

Ti riunisci con lui per fargli ascoltare qualche pezzo suonato da te? Lui ti seguirà a ritmo di scarpetta. Batterà le suole sul pavimento ed ogni volta che brinderà con un taralluccio in mano ed un buon bicchiere di vino ti sorriderà urlerà dicendo: “Propaganda, propaganda: A chi non beve a questo vino cu mmè a llu Cambusant si ni vè”.

A cura dell’Associazione “Movimento Circolare – io ti racconto
con la gentile collaborazione di Valentina Salonna

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