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Santoro Pompea

 

Santoro Pompea

L’estate salentina offre nelle sere d’agosto uno spettacolo particolarmente suggestivo che si può gustare con gli occhi dell’anima nelle campagne, lontano dalle luci e dai rumori dei paesi e delle città. Basta alzare lo sguardo al cielo e poi immergersi nel profondo dell’immenso universo stellato. Pace! Trascendenza!

Sovente, poi, il cielo si illumina di una scia di luce che rompe la staticità dell’emisfero. Meteore: comete come le lacrime di San Lorenzo!

In una di queste sere d’agosto (13/08/2002), abbiamo incontrato Pompea Santoro, una “meteora” che ogni estate viene ad illuminare il cielo delle campagne di San Michele Salentino, nel Sud pugliese, ininterrottamente dal 1980. A noi piace chiamarla così, anche se sarebbe appropriato designarla “stella” della danza contemporanea nello scenario internazionale, con i soli natali nel paese viciniore di San Vito dei Normanni, ma cresciuta subito dopo essere nata a San Michele Salentino, paese d’origine del padre Michele e dei nonni paterni.

La incontriamo nella sua campagna in contrada “Cutura” in compagnia dei suoi figli Alma e Alex, rispettivamente di 3 e 1 anno: sguardo dolce e deciso, voce tranquilla come la notte estiva che si avvicina.

L’INFANZIA

Ora a danzare sono le sue parole, la musica, lo stridulare soffuso dei grilli, il ritmo, il dondolo sul quale è seduta. Le sue parole rincorrono i ricordi dell’infanzia vissuta qui, a San Michele: le cugine con cui giocava nei pomeriggi caldi dell’estate, quando tutti erano a riposare; in via De Gasperi c’era l’orto della nonna dove ci si incontrava per emulare Canzonissima, la scuola di danza; i giochi di una volta che ormai nessun bambino fa più, realizzati con i materiali presenti come “li pitrudd” (sassolini), le casette, i tacchi delle signore ricavati da scatolette di latta, quelle dei pomodori pelati. Poi il ricordo della zia che le faceva “scurciuleje la menel” (sgusciare le mandorle), il sapore delle fave accompagnate dai peperoni o dalla cipolla, integrati dalle nostre verdure selvatiche: “sckattapètr, cicurèdd e zangun”.

LA PARTENZA PER TORINO

Pompea aveva sei anni quando con suo padre Michele parte per Torino. Successivamente li raggiungeranno il fratello di un anno e la mamma. L’idea è quella di rimanere lì giusto il tempo di operare all’ernia suo fratello e poi tornare giù. Ma a volte nella vita le strade prendono direzioni impreviste. Suo padre trova lavoro, poi, a Torino vivono gli zii, insomma si decide di rimanere. La mamma iscrive subito Pompea alle elementari e contemporaneamente ad una scuola di danza per realizzare un suo sogno, una sua passione: sua figlia, una ballerina.

Anita Carrino, la prima insegnante di danza che Pompea ricorda con molto affetto, percepisce le doti della piccola ed invita la mamma a prodigarsi affinché la bambina continui nell’apprendimento della danza, anzi, la indirizza presso la scuola del maestro Jusa Sabatini che l’interessata frequenta anche con grossi sacrifici economici.

JUSA SABATINI

Nel 1971, Pompea ha 9 anni, in un incidente sul lavoro muore il papà. Tutto ora cambia nella famiglia Santoro. Per motivi chiaramente economici la mamma decide di ritirare Pompea dalla scuola di danza, ma il maestro Sabatini si fa carico personalmente della situazione, perché anche lui è consapevole delle potenzialità e del talento della piccola. Successivamente interviene a sostenere le spese della scuola anche l’azienda dove il papà lavorava (Calcestruzzi Torino). Pompea continua negli studi ed il maestro Sabatini ha un occhio particolare per lei: invita insegnanti di alta qualità presso la sua scuola per alzare ancora di più il livello artistico e tecnico, tra cui Carola Zingarelli (Scala di Milano) Margarita Trayanova (Opera di Sofia) Jean Marie Dubrul (Francia) ed altri ancora. Si spazia dalla danza classica a quella moderna, dal jazz alla danza spagnola e russa, insomma si fa di tutto. All’età di 16 anni il maestro Sabatini la porta al concorso “Tersicore” di Brescia con una variazione della “Carmen” di Alonso insegnata dalla sua allora insegnante M. Trayanova. Ci racconta che dopo l’enunciazione dei primi tre vincitori “percepiva” di essere stata molto apprezzata dal pubblico ed infatti, con molta sorpresa e per premiare le sue doti, la giuria le assegnò un premio speciale “per particolare talento artistico”. E’ l’inizio di una carriera artistica di grande successo che la porterà da lì a poco a partecipare ad un altro grande avvenimento, se vogliamo dire, anche storico: il primo “Festival dei due Mondi” di Spoleto. E’ Alberto Testa, già membro della giuria del concorso “Tersicore”, ad invitarla a Spoleto a seguito della rinuncia, per motivi di salute, di una ballerina . E qui, sempre con la variazione della “Carmen”, tra i ballerini della Scala di Milano, ancora successo. Al termine della manifestazione riceve da Pippo Carbone allora condirettore di Birgit Cullberg e che era presente nel pubblico, la proposta di ballare nel Cullberg Ballett di Stoccolma (Svezia), proposta che lascia Pompea un po’ dubbiosa in quanto non conosceva la prestigiosa compagnia svedese e poi proprio in quel periodo aveva superato gli esami di ammissione per accedere alla Scuola della Scala di Milano, ammissione voluta specialmente dal maestro Sabatini e dalla mamma. Non sa che fare. Ricorda di aver fatto gli esami, così, per gioco, inconsapevole del prestigio di studiare nel teatro più importante d’Italia, e poi non le interessava, non era la cosa a cui ambiva.

IL CULLBERG BALLETT

Pompea ha 16 anni quando nel 1978, dando dimostrazione di maturità, responsabilità e autosufficienza, decide di partire in Svezia per ballare nel Cullberg Ballett e poi a distanza di un anno ritornare a Torino. Pompea per la prima volta fa la conoscenza di uno stile diverso: la danza contemporanea, non sapeva neanche che esistesse. Prova in poche parole a spiegarci la differenza tra la danza classica e quella contemporanea. Ci dice che la prima è basata su regole, i passi sono catalogati ed identificati, un po’ come leggere ed eseguire un brano musicale, bisogna aver acquisito le capacità tecniche per poi “divertirsi” nell’esecuzione. La danza contemporanea, al contrario, è libera da regole e schemi, anche se una buona preparazione della tecnica classica è sempre fondamentale, essa è molto piú libera artisticamente e fisicamente ed ogni coreografo può inventare uno stile diverso e inventarsi dei passi spaziando nella creatività e libertá assoluta.

Lo stile di Mats Ek, figlio della fondatrice del Cullberg Ballett di Stoccolma, Birgit Cullberg, evoluzione più elaborata ed espressiva dello stile della madre, piace moltissimo a Pompea, la quale scopre finalmente la sua inclinazione per la danza contemporanea. Rimarrà a lavorare con Mats Ek nella compagnia del Cullberg Ballett per 24 anni, ha inoltre la possibilitá di lavorare con coreografi molto importanti tra cui: Jiri Kilyan, Nacho Duato, Carolyn Carlsson e Ohad Naharin, calcando i palcoscenici più importanti a livello mondiale.

La compagnia viene in Italia quasi ogni anno, ma è nel 1980 che il coreografo Sebastiano Coppa la invita alla Scala di Milano in occasione del festival “Nervi, mia cara” ad esibirsi per la prima volta come ospite. La seconda volta che viene in Italia, risale al 1989, anno in cui riceve il premio “Positano Danza” consegnato da Alberto Testa, al quale vanno i meriti della scoperta del talento della Santoro.

Col passar degli anni balla e conosce quasi tutte le coreografie di Mats. Man mano che aumenta la notorietà di questo grande coreografo, diventa sempre più richiesto nei grandi teatri europei. Pompea accetta di collaborare nella preparazione e nell’insegnamento dei suoi balletti, compito che svolgerà per 5-6 anni durante le vacanze o nei periodi di riposo. Il primo lavoro nella nuova veste di insegnante, Pompea lo svolge a Monaco nel 1996 con la preparazione di “Giselle”.

Insegnare le coreografie di Mats la soddisfa di più rispetto al ruolo di ballerina, ruolo che continua a svolgere sempre sull’onda del successo. La doppia veste di preparatrice e protagonista sul palco, incontra successo e soddisfazione proprio in Italia, nel 1997, con “Giselle” di Mats, alla Scala di Milano. E’ Elisabetta Terabust ad invitarla chiedendole di preparare il balletto e ballarne il ruolo principale con Massimo Murru. Pompea ci dice che è stata un’esperienza bellissima anche perché per la prima volta ha ballato con musica dal vivo eseguita dall’orchestra della Scala, così come in questi ultimi tempi danza accompagnata dal vivo, durante la lezione di danza da suo fratello Cosimo, maestro di musica al Teatro Nuovo Torino.

Successivamente ha rimontato sempre la “Giselle”, all’Opera di Parigi e all’Opera di Gothemborg (Svezia).

LA FAMIGLIA

L’aver ballato alla Scala nel 1997, suscita in Pompea un senso di compensazione per aver raggiunto una delle “mete” più ambite per una ballerina e decide, quindi, di fermarsi un attimo e pensare un po’ al desiderio forte di avere un bambino. Nel 1986 con Veli Pekka Peltokailo, ballerino del Cullberg Ballett, nasce una storia d’amore durata tanti anni. Nel momento in cui si decide di avere un bambino, Pompea da brava italiana, pugliese e sammichelana, reclama il matrimonio, suscitando mera perplessità da parte del compagno Veli, di certo vincolato alla sua cultura scandinava: Veli è il compagno ideale e poi sono stati bene in tutti questi anni. Si sposano a giugno del 1998, con rito civile, alle ore 9.00. Un’ora più tardi arrivano in teatro, per lavorare, comunicando “l’avvenimento” a tutti gli amici e colleghi, i quali festeggeranno i nuovi sposi. La festa continuerà in Finlandia dai parenti di Veli e a San Michele Salentino in contrada “Cutura” con i parenti di Pompea.

Nel 1999 nasce Alma. Pompea non avverte più il desiderio forte di ballare e decide di insegnare le coreografie di Mats sempre con grande soddisfazione e divertimento, ruolo che la porterà, in quegli anni, in giro per il mondo in compagnia della piccola Alma. Nel 2001 nasce Alex e Pompea ritrova una perfetta forma fisica che la stimola e l’invoglia a danzare nuovamente.

I PROGETTI FUTURI

Il progetto più importante, nel quale Pompea è stata impegnata e che spera si arricchirà di nuove prospettive, nasce nel 1994, in occasione dell’inaugurazione dell’Auditorium del Lingotto di Torino, a cui il Cullberg Ballett partecipò capitanato da Pompea nel ruolo di “Carmen”, questa volta di Mats Ek, riscuotendo grande successo di fronte a 2000 spettatori circa. In quella occasione Pompea incontra Gian Mesturino, Direttore del Teatro Nuovo di Torino, il quale le propone una collaborazione professionale/artistica. In concreto la prima proposta fu quella di ballare nella sua compagnia, ma Pompea la rifiuterà. Accetterà, invece, l’incarico di “consulente artistico” del Teatro Nuovo di Torino, partendo sì con progetti ambiziosi, ma che, per vari motivi di carattere strutturale e di impegno professionale, si ridimensioneranno pian piano.

Oggi le cose sono cambiate, in quanto Pompea, vicino al pensionamento (gli artisti in Svezia godono di questo privilegio poiché bastano almeno 20 anni di attività artistica per essere collocati in pensione), è ritornata a Torino, dove vive la sua famiglia e dove continuerà ad occuparsi della consulenza artistica della compagnia del Teatro Nuovo, ma questa volta anche nella veste di ballerina. Contemporaneamente continuerà anche la collaborazione con Mats Ek, in qualità di assistente, con il quale già ad ottobre sarà impegnata a Londra al Coven Garden per riprendere “Carmen” con Sylvie Guillem (una delle piú grandi ballerine dei nostri tempi). Altri progetti sono nell’aria, ma Pompea preferisce non parlarne. Ci assicura che ci farà sapere quando si concretizzeranno, per renderli anche noi di pubblico dominio, tramite il nostro sito internet, in cui, ci auguriamo, si parlerà anche dei figli d’arte Alma ed Alex.

UN ANEDDOTO

Pompea ci racconta uno dei tanti aneddoti accaduti nel corso della sua carriera. In particolare ricorda con simpatia l’incontro con il grande ballerino russo Rudolf Nureyev, avvenuto agli inizi degli anni ’80, quando fu invitato a ballare nel Cullberg Ballett per la realizzazione di una produzione artistica (Miss Julie di Birgit Cullberg) che durò 3 settimane. La nostra protagonista ebbe allora un ruolo di secondaria importanza, però gli fu data l’opportunità di ballare con Rudolf Nureyev una parte del balletto della durata di alcuni minuti. Conclusosi l’evento artistico, si ritrovarono tutti e due in aereo che faceva meta a Parigi: Pompea, in 2^ classe, andava a trovare un’amica e Nureyev, logicamente in 1^, rientrava a casa. Con molta sorpresa l’allora giovane Pompea fu invitata in 1^ classe, a sedersi accanto al ballerino e a gustare lo champagne che si accingeva a bere. Ricorda che fu molto divertente, nello stesso tempo onorata di quella accoglienza: in fondo Pompea non era nessuno, si era creata in sole tre settimane un’amicizia per lei importante! “Una persona veramente straordinaria che mi ha lasciato dentro qualcosa di incancellabile”, ci dice.

DUE DOMANDE

Io e l’amico Pino Calò, che tra l’altro ha organizzato questo incontro con Pompea, proponiamo un paio di domande a conclusione di questa interessante ed emozionante chiacchierata.

Cosa si esprime con il danzare. In particolare, Pompea Santoro cosa esprime?

“Non é una cosa facile ed evidente!. E questo, credo sia uno dei motivi per cui sono arrivata dove sono, almeno cosí mi dicono! Poi sta a chi mi guarda giudicare se sono una vera artista e se ho carisma. Nel momento in cui il vero artista sale sul palco, si illumina, riesce a comunicare tutto quello che sente. Non tutti conoscono la tecnica della danza, per cui diventa fondamentale trasmettere un qualcosa, un qualcosa che colpisce anche la gente non competente. E’ qualcosa che non si impara e non si insegna, ma si sente dentro, credo comunque si possa aiutare un giovane danzatore , a capire come arrivarci, come venire a contatto con i propri sentimenti, dandogli le opportunitá giuste. Io sono stata fortuna ad aver avuto un talento e delle capacitá fisiche naturali, ma soprattutto, la fortuna di aver avuto accanto persone molto importanti come Mats stesso e Lena Wennegren che mi hanno seguita durante tutti questi anni aiutandomi a diventare quello che sono oggi. Ci sono poi, metodi diversi per quanto riguarda la preparazione di un ruolo. C’è l’artista che si informa, si documenta, studia il personaggio o la situazione che deve interpretare. Io, mi limito a seguire il mio istinto, ascolto la musica e osservo attentamente il coreografo e cerco di capire cosa vuole e dove vuole arrivare, d’altronde lui è il creatore ed io l’interprete. Ritengo che attenendosi troppo alla documentazione, limita la spontaneitá e la naturalezza. Io ho sempre avuto fiducia nel mio cuore.

Un’altra cosa che ho imparato con il passare degli anni, e che ora insegno ai giovani ballerini, è il saper misurare l’energia e comporre i movimenti con la mente ballando peró con il cuore o meglio, riuscire a trovare la libertà nel controllo e nella precisione. Questo è comunque un argomento su cui si puó discutere ore intere!”

Pompea, in fondo chi è? O meglio, qual è il ruolo preferito che ha interpretato?

“Tutti i ruoli che ho ballato e che ballo sono un pezzettino del mio essere. Soprattutto nella danza contemporanea sono tutti ruoli e personaggi reali. Questa è anche la grande differenza tra la danza classica e quella contemporanea: nella danza classica i personaggi e le situazioni sono fiabesche, surreali; invece nella danza contemporanea le situazioni e i personaggi sono spesso reali, ci appartengono, riguardano i rapporti della vita quotidiana. Un esempio può essere proprio la Giselle di Mats Ek: nella versione originaria (classica) Giselle muore di crepa cuore per un amore non corrisposto e va in paradiso; nella versione di Mats (contemporanea) la protagonista impazzisce e anziché andare in paradiso finisce in manicomio. Quest’ultima versione è reale, succede a tante donne abbandonate e con grossi problemi. Questo balletto è diventato famoso in tutto il mondo. L’ho ballato tante volte, alternando il ruolo di Giselle con la moglie di Mats, Ana Laguna (una ballerina da cui ho imparato molto). Un altro esempio può essere la versione in chiave contemporanea de ‘La bella addormentata nel bosco’, dove il sonno della protagonista è dovuto all’assunzione di droga, sviluppando successivamente tutta una tematica sulla tossicodipendenza”.

CONCLUSIONE E SALUTI

E’ tardi. Alma e Alex dormono accoccolati vicino a mamma Pompea, tutti e tre ancora sul dondolo che piano piano comincia a rallentare il suo ritmo fino a fermarsi. Meravigliati nel vedere tanta dolcezza, ci sembra che il “ruolo” di mamma sia stato quello più riuscito. Pompea è d’accordo.

Andiamo via, ma riusciamo a strapparle un saluto in dialetto sammichelano e che noi lo rimandiamo a tutti quelli che leggeranno queste pagine: “STATEV BBUEN”.

Intervista del 13 agosto 2002 di Rocco D'Urso e Giuseppe Calò
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