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Ho partecipato al convegno “Evoluzione sociale nel XX secolo” e, volendo fare un resoconto personale, riporto impressioni positive e negative della serata.
Inizio con le prime.
Una bella manifestazione nel complesso.
Buona la presenza del pubblico.
Bella sia la mostra degli attrezzi che quella fotografica.
Sono giunto subito dopo l’intervento di Pino Epifani che, a quanto mi hanno riferito, ha saputo essere coinvolgente e in tema con la serata.
E’ seguito quindi lo spazio del prof. Fistetti che parlando del “secolo breve” (il ‘900) ha evidenziato il concetto di come il XX sia stato, per un certo verso, un secolo buio, dilaniato da grandi guerre e “salvato” dalle profonde trasformazioni sociali, economiche e politiche attivate dalle lotte sindacali e dai movimenti operai.
Bella l’esposizione e interessante il contenuto di quanto trattato.
Sono seguiti poi gli interventi del pubblico anche se fatti, tutti, da addetti ai lavori.
E qui segnalo gli aspetti negativi.
Non capisco ad esempio il senso della moderatrice di utilizzare continuamente il termine “compagno”: interviene il compagno di…, invito i compagni a…, ringraziamo il compagno di….
Cosa questa, per me innocua (fermo restando che mi sa tanto di trapassato e di nostalgico), ma che di sicuro non ha messo/non avrebbe messo a proprio agio un pubblico frequentatore di altri “ambienti politici” visto che, a parte gli inviti personali, il convegno era aperto a tutti.
E’ stato bene, a tale proposito, la mancata presenza, tra i relatori, della Preside proprio perché vista la piega inequivocabile presa nella seconda parte della serata (dalla rivendicazione del ’68 fino a propagandare e invitare alla partecipazione della Mobilitazione della CGIL del 27 settembre in cui il sindacato scende in piazza contro le politiche economiche sociali e fiscali del governo) la scuola non può prestare alcun fianco alla politica “di parte” né, tanto meno restarne ostaggio.
Dite che sto esagerando e che ho una visione ristretta?
Vi invito allora a pensare cosa diremmo tutti noi (io per primo) se un dirigente scolastico fosse relatore in una conferenza organizzata da una sigla sindacale di destra in cui magari il moderatore si rivolge agli intervenuti dando loro del “camerata” (certo il peso non è, storicamente, uguale a quello di “compagno”, ma rende bene l’idea di quanto voglio esprimere) e il tutto si conclude con l’invito alla prossima manifestazione sindacale (di destra), in cui si rivendicano (come sarà quella del 27) i diritti di tutti, ma che intanto ha una precisa collocazione.
Ha fatto male invece il sindaco (o l’assessore alla cultura) a non partecipare alla serata.
Io l’avrei fatto, non fosse altro per dimostrare che, come detto in campagna elettorale, “sono il sindaco (o l’assessore) di tutti i cittadini e non solo di quelli che mi hanno votato".
Di “esperienza” la chiusura fatta dal segretario generale della CGIL di Brindisi.
Ma se si ripercorre il cammino del sindacato, non si può parlare di tutto ciò che si è conquistato e ignorare le conseguenze di alcuni, "passaggi a vuoto", ma comunque snodi importantissimi: la “marcia dei quarantamila” della FIAT, ad esempio, del 14 ottobre 1980, che segnò il punto di rottura, nella storia sociale d’Italia e introdurrà un forte ridimensionamento del sindacato cambiando radicalmente gli equilibri tra industria e lavoratori.
O la sconfitta del sindacato dei minatori inglesi (con conseguenze sui movimenti sindacali di tutto il mondo) quando, nel 1985, dopo un anno ininterrotto di scioperi fu costretto a piegarsi, senza condizioni, di fronte al pugno di ferro della Thatcher.
E non si possono ignorare questi passaggi obbligati sia perché si introducono elementi di distorsione, sia perché da allora la funzione del sindacato e il modo in cui ci si rapporta con esso è cambiato.
Da lì è iniziata la metamorfosi del concetto stesso di sindacato: non più la “mamma” per eccellenza di tutti i lavoratori, ma un’”entità” verso la quale ci si relaziona con modalità oramai non di massa, ma strettamente personali.
Che ciò sia un bene o un male è un’altra faccenda.
Ma la storia è questa è nell’intervento di “mestiere” del segretario generale non se n’è fatto cenno.
nando
P.S. è ovvio che l'eventuale e auspicabile visita delle scolaresche alla mostra avrebbe tutt'altra valenza e sarebbe importante per i nostri ragazzi entrare in contatto con un mondo, in parte, dimenticato.