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Parlando con amici mi è stato chiesto, nuovamente, perché ho scelto di non votare.
Facendomi capire, addirittura, che qualcuno potrebbe insinuare che dietro il mio non voto potrebbe nascondersi il tentativo a non espormi casomai in futuro potessi poi avere bisogno (direttamente o indirettemente) di qualcuno.
A parte il fatto che, iniziando dal mio articolo su suddest dove ironizzo duramente sui “passeggiatori di piazza marconi”, passando ai commenti fatti su midiesis e terminando con le discussioni che ho avuto ed ho con diversi amici e /o conoscenti di tutte e tre le liste, non è che il mio atteggiamento sia stato del tipo: “peccato siete tutti così bravi che non sapendo chi scegliere, preferisco rinunciare per non scontentare nessuno”, ma al contrario esprimo, senza nessuna possibilità di essere frainteso, la mia avversione a concepire la politica in questo modo malsano e nauseabondo con saltelli da una parte all’altra (vedi il ballo della scopa), accomodamenti e compromessi.
A parte questo, dicevo, la situazione è molto più semplice e non richiede, per fortuna, nessuna sega mentale.
Molto semplicemente, da sempre, o non sono andato a votare o, quando l'ho fatto, ho annullato, con poche eccezioni, la mia scheda elettorale.
Perché?
1. Perché non mi riconosco in nessuno degli schieramenti e tantomeno nella logica con cui sono stati concepiti;
2. Perché il nostro paese continua a precipitare in un baratro di immoralità con una classe politica che, purtroppo, ci rappresenta perfettamente a destra come a sinistra;
3. Perché votando legittimerei un sistema (locale e nazionale) che voglio invece criticare;
4. Perché la nenia che si debba per forza scegliere la lascio agli altri;
5. Perché se la reltà ha ridimensionato gli ideali della mia generazione, o meglio di quella parte della mia generazione, che sognava una socièta comunista (nel significato più alto e non "deleterio" del termine, dove ognuno da quanto può e riceve quanto di cui ha bisogno) è pur vero che ciò non significa abbandonare gli ideali per una società migliore più giusta, più equilibrata, più solidale, più livellata verso il basso, per una società che comincia a costituirsi partendo anche da un piccolo paese come San Michele dove, se tanto mi da tanto, ovvero se continuaimo a ritrovarci gli stessi soggetti politici, con le stesse logiche, con le stesse promesse (sempre disattese), allora preferisco segnare il passo;
6. Perché non mi interessa scegliere il male minore (leggasi la lista meno peggio);
7. Perché se è impossibile rivoluzionare “pacificamente” la società, e l’ho imparato a mie spese pagando duramente di scegliere a tutti costi la coerenza (niente sconti, niente scorciatoie, niente "favori", niente amici di amici) arrivando a 35 anni per avere il primo salario, non vedo perché poi dovrei utilizzare il massimo strumento di partecipazione democratica concessomi, ossia il voto, accontentandomi di esprimere una preferenza (amministrative o politiche che siano) a gente che, nel milgiore dei casi, considera la coerenza un concetto puramente astratto;
8. Perché questo è il mio modo per dire no; modo che sempre più frequentamente vedo assunto da più parti e non da gente a cui non gliene frega niente della politica e della società civile, ma da gente che è presente ed incisiva nella società e che si è stancata di dovere tristamente e puntualmente constatare come la classe politica sia solo una sorta di "bubbone", un corpo estraneo alla società sana e al concetto di correttezza ed integrità morale.
9. Perché, come ho gia scritto (cfr. editoriale n.1 suddest), diffido dei politici e preferisco guardare altrove. Alle idee di B. Russell condannato a sei mesi di prigione per i suoi scritti pacifisti; al suo essere contro i potenti di Don Tonino Bello; alla provocazione e al genio di Andrea Pazienza; a chi, come Fabrizio De Andrè ha usato l’arte per condannare le alienazioni e le ipocrisie del mondo; al coraggio di Galois nell’andare incontro alla sua tragica fine, ma restando coerente e attaccato al suo pensiero fino all’ultimo istante; al genio anticonformista e ribelle di J. Lennon; al lavoro di S.Ramanujan che, pur giacendo malato nel letto, a un passo dalla morte, lontano dalla moglie e dalla famiglia e col terribile dubbio di aver infranto la legge braminica, continuava ad elaborare formule.
Ecco, io mi fermo qui. Le cose da grandi le lascio ai professionisti della politica.
10. Perché alla fine basterebbe un solo perché:
perché la libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta (Adorno)
nando dvt
p.s. a questo punto qualcuno si sarà pure rotto del mio privato e non gliene può importare di meno delle mie argomentazioni.
E secondo me ha pienamente ragione.
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