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Aveva inchiodato sul pavimento e sulle scrivanie della biblioteca dell’università una marea di libri sacri ed era scappato via. Il professore di filosofia, in crisi esistenziale, pupillo del Monsignore che curava la biblioteca, aveva capito che “tutti i libri del mondo, non valgono un caffè con un amico”, la verità e la realizzazione dell’uomo si trova nella semplicità delle relazioni umane. Abbandona la sua BMW coupè sotto un ponte, butta le chiavi, il portafoglio e la sua giacca nel Po e comincia a vagare per le campagne in compagnia dei suoi pensieri. Un temporale improvviso. Una cascina diroccata sul fiume. Si ripara. Nelle vicinanze un agglomerato di case abitate da gente semplice di campagna. Il posto gli piace. E’ ciò che il suo spirito anela. Comincia allora a tagliare le erbacce. La gente del posto è incuriosita e superate le diffidenze iniziali, lo aiutano a sistemare la cascina ed inizia un rapporto di amicizia nella semplicità. Lo chiamano Gesù Cristo per il suo aspetto e per la vita che intende fare in quel posto. E lo spirito del Cristo si incarna veramente nei dintorni di quella cascina fino a rivivere, in quel contesto, i fatti più importanti della vita stessa di Gesù. La Maddalena, il miracolo dell’acqua trasformata in vino, il figliol prodigo, l’arresto nel giardino degli ulivi, il distacco e la speranza, l’attesa di rincontrarlo.
Nel dialogo finale con Monsignore vi è la chiave di lettura del film, mentre negli ultimi secondi la piccola comunità sul Po aspetta il loro amico che non verrà, metafora di una Chiesa ufficiale che ha abbandonato la semplicità e l’essenzialità del messaggio del Cristo per intraprendere altre strade.
Chi ha intrapreso un cammino di fede, chi è in ricerca, chi vuol approfondire la figura di Cristo, chi non condivide la “politica” pastorale della Chiesa ufficiale, troverà spunti di riflessione (anche discutibili) in questo film.
P.S.: Sono andato a vederlo con Nando e Vito. Nella scena della riparazione della cascina ci siamo ricordati di Emmaus (masseria sulla via di Ostuni che don Angelo ristrutturò per adibirlo a luogo di incontro, confronto e preghiera), in particolare la ristrutturazione che fu fatta da tutti i ragazzi che bazzicavano in quel periodo in parrocchia. Erbacce tagliate, riparazioni, intonaco, pitturazione. Ne venne fuori un posto semplice, sobrio, senza corrente elettrica e a lume di candela. Incontri, meditazioni, campi scuola, feste, canti, chitarre, giochi, scambi con giovani che venivano da altri posti. E’ stato il posto ideale per incontrare un Cristo che poi piano piano è scomparso… ma non dai nostri cuori.