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Riceviamo dal Gruppo Emergency Prov. Brindisi e pubblichiamo
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Il Comitato Pugliese Acqua Bene Comune, in vista delle primarie per la scelta del candidato presidente del centro-sinistra, ritiene essenziale ricordare ai cittadini le posizioni espresse dai candidati, Francesco Boccia e Niki Vendola, rispetto al tema fondamentale dell'acqua e della gestione dei servizi idrici.
La diffusione delle posizioni espresse sull'argomento dai candidati di tutte le consultazioni elettorali è una consuetudine per il Comitato, poiché tutti hanno il diritto e la responsabilità di essere informati e di decidere su come e per quali obiettivi deve essere gestita l’acqua, il cui accesso costituisce un diritto umano inalienabile.
In questa particolare occasione non abbiamo ritenuto necessario chiedere formalmente ai candidati di esprimere la propria posizione sul tema, essendo state già espresse pubblicamente e con atti politici le rispettive convinzioni, sintetizzate nella seguente tabella e approfondite nel testo qui di seguito.
L’informazione rende il voto consapevole.
L’acqua è un bene comune non una merce. Non si può sostenere chi apre la gestione ai privati.
Candidato Presidente Coalizione di Centro-Sinistra
Gestione dei servizi idrici
BOCCIA Francesco
Sostiene l’apertura della gestione ai privati
VENDOLA Nichi
Sostiene la gestione pubblica con partecipazione sociale
Francesco Boccia ha dichiarato che l’acquedotto deve rimanere una società per azioni che dovrà essere aperta ai privati. Ha espresso dubbi sulla necessità di leggere il tema della gestione dell'Acquedotto Pugliese per tramite della dicotomia: acqua bene pubblico Vs acqua bene privato. Pur affermando che l'acqua è bene indispensabile e il relativo servizio è di pubblica utilità, ha definito surreale un dibattito che si incentri su questo punto, visto e considerato che l’Aqp è già pubblico al 100% e nulla cambia il suo configurarsi come Spa.
Niki Vendola ha dichiarato che l’acqua, come diritto umano universale, non è assoggettabile a meccanismi di mercato e che il servizio idrico è servizio di interesse generale, privo di rilevanza economica. Ha, quindi, affermato la necessità di trasformare l’acquedotto da SpA in soggetto di diritto pubblico con partecipazione sociale al fine di garantire la realizzazione dei suddetti principi e ha avviato e sostenuto il percorso del governo regionale in questa direzione. “La battaglia per la pubblicizzazione dell'acqua in Puglia è una sfida decisiva”, ha aggiunto Vendola, “io non voglio demonizzare il privato, ma è giusto che un bene pubblico debba essere gestito da un soggetto pubblico”.
Ricordiamo che l’acquedotto Pugliese è una società per azioni a capitale pubblico da 10 anni, da quando cioè, nel 1999, il governo D’Alema aveva trasformato l’Ente Autonomo in una società commerciale disciplinata dal diritto privato.
La forma giuridica dell’impresa non è neutra ma definisce gli obiettivi di gestione. Nel caso di una società disciplinata dal diritto privato (art. 2247 c.c.), come una Spa, anche se a capitale pubblico, l’obiettivo è il profitto che sarà tanto più alto quanto più elevati saranno i ricavi (cioè il prezzo) e minori i costi. Dovunque il servizio idrico è gestito con logiche privatistiche le tariffe aumentano poiché su queste deve essere “caricato” l’utile (oltre che i costi di gestione e gli investimenti). Del resto, se il profitto è l’obiettivo di gestione, un’eventuale diminuzione dei consumi (traducendosi in una diminuzione delle entrate) determina un incremento delle tariffe come avvenuto, ad esempio a Firenze, dove il servizio idrico è gestito da Publiaqua, una SpA a maggioranza pubblica, le cui azioni sono possedute 49 Comuni e da 3 imprese private.
La gestione dell’acqua non può essere garantita da società disciplinate dal diritto privato, ma al contrario deve essere espletata attraverso enti di diritto pubblico poiché le finalità riconosciute a società “commerciali” sono incompatibili con la gestione del “bene comune” acqua.
Ricordiamo che il processo di ripubblicizzazione in corso è frutto non solo del lavoro assiduo e della tenacia delle tante (180) associazioni e realtà (del mondo cattolico e ambientalista, dell’associazionismo e del volontariato) che compongono il Comitato “Acqua bene comune” quanto e soprattutto dell'impulso forte e chiaro proveniente da una parte cospicua della cittadinanza pugliese che è convinta della necessità ormai improrogabile di riappropriarsi, in quanto collettività, di un bene comune quale l'acqua, sottraendolo al pericolo di farne una merce a disposizione di qualche multinazionale (come altrove, in questa stessa Italia, è avvenuto e sta tuttora avvenendo...). Senza dimenticare l'impegno profuso dal Coordinamento pugliese degli Enti Locali per la Ripubblicizzazione dei Servizi Idrici (primo in Italia) che ha chiesto (ed ottenuto) un’audizione alla Commissione Ambiente della Camera per esprimere la contrarietà alla privatizzazione e il sostegno alla legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dei servizi idrici, sottoscritta con delibera da circa 50 Comuni pugliesi.
Ricordiamo che oggi, più di ieri, l’attenzione e il dibattito su questo tema è vivo. Infatti, risalgono ad appena qualche settimana fa le delibere del Comune di Taranto e del Comune di Terlizzi che sanciscono i servizi idrici, come servizi di interesse generale, privi di rilevanza economica; le dichiarazioni pubbliche dei Missionari Comboniani di Lecce e dei Sacerdoti di Altamura contro la privatizzazione dei servizi idrici e a sostegno del processo di ripubblicizzazione in corso; la campagna “Salva l’acqua” con la quale è partita da novembre una petizione popolare per chiedere ai Comuni di sancire nei rispettivi Statuti l’acqua come diritto e i servizi idrici privi di rilevanza economica, che ha già raccolto decine di migliaia di firme.
A fronte dei provvedimenti legislativi nazionali di privatizzazione dei servizi idrici, si fa urgente una scelta in controtendenza di tutti gli enti locali al fine di garantire l'accesso universale all'acqua e la partecipazione alle scelte di gestione.
L'acqua è un paradigma, che richiama l’insieme delle lotte per i beni comuni, per i servizi pubblici, per la difesa del territorio e della salute, per i diritti sociali, ma è anche – e soprattutto- una battaglia per la riappropriazione della democrazia, per la rimessa in discussione dei luoghi della decisionalità politica, che, sempre più, oggi si manifesta come totale distanza tra chi decide -e pensa, con ciò, di rappresentare automaticamente l’interesse generale - e le comunità in lotta per la riappropriazione dei beni comuni e della partecipazione democratica.
La ripubblicizzazione dell’acquedotto pugliese e una politica partecipata al governo dei beni comuni rappresentano le uniche scelte sostenibili per quanti ritengono l'acqua un diritto umano fondamentale.
Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.