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"La
storia siamo noi, nessuno si senta escluso". Scrivere la propria storia fornisce agli altri una testimonianza, in quanto ognuno di noi rispecchia il mondo e i mondi nei quale è nato e vive. Raccontare le esperienze personali, secondo i contesti culturali e sociali in cui si è inseriti, diventa così un documento prezioso in quanto colloca ogni storia individuale in un contesto più generale, in una comunità di persone che condividono la stessa cultura delineando atteggiamenti umani, modi di vivere e di interpretare esperienze. In questa frase di De Gregori mi ritrovo pienamente, ognuno di noi costruisce il senso della propria esistenza che, in maniera più o meno consapevole, si fa destino e Storia. Mi chiamo Vito Francioso e provo a raccontarvi uno stralcio della mia autobiografia. Figlio di migranti Mio padre, Francioso Cosimo, alto e possente nell’aspetto, docile e mite nel modo di fare, a cui nel tempo sarei assomigliato sempre di più, emigra in Germania all’inizio degli anni 60. Lavorava nelle ferrovie di Francoforte. Dopo qualche anno lo raggiunge mia madre, Pavone Giovanna, una donna minuta, smilza ed energica. Era rimasta prima di allora a San Michele Salentino, insieme a mia sorella Vita e a mio fratello Rino. L’11 marzo del 1965, nella città sterminata di Francoforte, nasco io.
La nostra casa si trovava vicino ad una fabbrica di carbone, con i binari che passavano di fronte a noi. Ricordo che spesso mi avventuravo tra i binari rischiando non poco. Una volta mi sono perso nel centro di Francoforte scendendo dalla macchina mentre mio padre era entrato in un ufficio, mi presero dei poliziotti e mi portarono in centrale. Uno dei poliziotti mi offrì una caramella alla menta, poi mio padre venne a prendermi. Passai nel giro di poco tempo dallo spavento alla tranquillità, perchè le cose sarebbero comunque andate per il meglio. Appariva sempre più chiaro che sarei stato un bambino molto vivace. Una volta, giocando sotto il divano con i fiammiferi, feci infiammare la poltrona. A cinque anni, ignaro di quello che sarebbe successo, ritornai con la mia famiglia nel paese di mio padre. Pochi ricordi: l’auto stracolma di valige e la televisione che riempiva il cofano ed io che a malapena ci stavo per sdraiarmi a dormire. Erano gli inizi degli anni 70 quando lasciammo la Germania. L’infanzia Mio padre con i soldi messi da parte, finisce di costruire la casa, apre un alimentari e realizza un ettaro di vigneto in una delle campagna che avevamo. Comincio così le scuole elementari non conoscendo nessuno. I primi giorni aspettavo che mio fratello facesse capolino dalla finestra dell’aula per sentirmi rassicurato. Mia madre in Germania, quando mi lasciava all’asilo, per non farmi piangere, mi diceva sempre di guardare la finestra di fronte, perché lì lavorava lei. Non era vero. Col tempo ho imparato a trovare quella finestra dentro di me. Di fianco a casa nostra abitava Rocco D’Urso, da subito compagno di viaggio e che nel giro di poco tempo sarebbe diventato un amico importante per la mia formazione. Con lui, con mio fratello e con tanti altri amici di quartiere (Pasquale, Stefano, Angelo, Mimino ) passavamo il nostro tempo fuori a giocare. In quegli anni le case nel nostro quartiere erano poche, dietro casa nostra cominciava già la campagna. Ricordo che con materiali edili depositati, costruivamo piccole case, grandi altalene, campi di calcio nella terra battuta. Organizzavamo tornei di calcio con altre squadre di altri quartieri. Ricordo che costruimmo una casa con tavole da muratore su due alberi, creammo una passerella tra un albero e l’altro, piccoli Tarzan di via Balilla. Quando se ne accorse il padrone del terreno, per poco non ci faceva fuori. La mia infanzia la ricordo ricca di avventure, sporco di terra, tra accampamenti di indiani, lanci di pietre, tornei improvvisati e piste nel campo di grano.
Subito a lavoro Mia madre si alzava presto, alle tre prima di albeggiare, per andare a lavorare nei campi fuori regione. Bracciante agricola. Partiva con i caporali del tempo per andare nel Metapontino. Tornava nel pomeriggio dopo 10 ore, tra viaggio e lavoro. Prendeva 5.000 lire al giorno. Mio padre lavorava nell’alimentari, ma i guadagni erano magri e la gente segnava gli acquisti sul quaderno, per pagarli un po’ alla volta quando poteva. Cominciai presto a lavorare per dare una mano in famiglia, andavo tutte le domeniche in campagna nostra a lavorare il vigneto e l’inverno a raccogliere le olive. Nasce mia sorella Maria e mia sorella Vita dopo qualche anno si sposa. Quando compii 10 anni cominciai a lavorare ogni pomeriggio in un bar, il Piccadilly; ci ho lavorato quasi due anni, guadagnando 5000 lire alla settimana. Consegnavo la paga, contribuendo al bilancio familiare. Lasciai il lavoro al bar per andare in campagna dove guadagnavo di più (salario comunque da fame per quei tempi). Si faticava nel tirare avanti. La chitarra Rocco
e mio fratello Rino cominciarono a frequentare la parrocchia, io più
piccolo di loro di 5 anni gli stavo sempre dietro, anche senza il loro
volere. In parrocchia si viveva un clima d'impegno e di valori, quali
la solidarietà, l'attenzione ai più deboli, grazie soprattutto alla
grande figura di Don Angelo Colucci. Ricordo la realizzazione della mensa per i poveri, ed Emmaus una piccola masseria messa a disposizione della parrocchia, dove venivano organizzati ritiri parrocchiali, un luogo importante nella mia crescita adolescenziale. Rocco comincia a suonare la chitarra, scatta in me la voglia di imparare a suonare questo strumento. Non ho possibilità di avere una chitarra personale, così metto da parte i miei risparmi, giusto qualche spicciolo. Nel frattempo decido di costruirmi uno strumento rudimentale per imparare quanto meno le posizioni degli accordi e rinviando a tempi successivi le suonate vere e proprie. Viene fuori in questo modo il manico della chitarra fatto con un pezzo di tavola di muratore. Posso finalmente sperimentare i vari accordi, ancora muti, ma carichi della determinazione e della voglia di bruciare l’attesa senza perdere tempo. Poi finalmente la mia prima chitarra, Clarissa, un’acustica con manico stretto, dura da suonare, tanto che il solo do mi faceva sanguinare le dita. Grazie a quell’apprendistato volontario e primitivo cominciai a suonare la canzone di A. Venditti ,“L’uomo falco”, la suonavo dalla mattina alla sera, tanto che mio padre un giorno mi cacciò di casa, perché non ne poteva più. Ricordo tante serate seduti in 20 - 30 ragazzi sui gradini della scuola elementare a suonare e cantare. I nostri cantautori preferiti erano De Gregori, Guccini, Bennato; le loro canzoni impegnate ci facevano vivere, in un certo senso, la contestazione del "'68" ormai passato, e ci sentivamo di appartenere ad una classe sociale ben precisa. Alcuni di noi cominciavano a scrivere canzoni. Una molto bella la scrisse Rocco, dal titolo "Cammino", una strofa diceva: "... io continuo a camminare, lungo quella strada che non so dove conduce, però ci arriverò".
Le
prime band La voglia di esprimerci attraverso la musica era tanta così si mise su un gruppo: io, Rocco e Lillino Lodeto alle chitarre, Pino Epifani al basso e mio fratello Rino alla batteria. In
parrocchia animavamo con le chitarre le messe, e con il gruppo suonavamo
nei recital. Siamo già alla fine degli anni '70: la Parrocchia in quegli anni era forse l'unico centro di aggregazione positiva e propositiva del paese; Don Angelo, permise l'utilizzo di un locale adiacente la Chiesa di San Michele Arcangelo (ora è stato demolito ed al suo posto è stata costruita una strada) nel quale io, Rino, Rocco, Pino Epifani, Lillino Lodeto ed altri ci ritrovavamo a suonare, stavolta con strumenti veri, tutti collegati su un piccolo amplificatore (marca "Geloso", simile ad un tostapane) di proprietà della Parrocchia. L’8 maggio del 77 suoniamo in piazza, è la mia prima esperienza sul palco. Successivamente formiamo un altro gruppo folcloristico, il nome del gruppo era “Gli amici del tempo”, alla fisarmonica Pino Ferrucci (aveva poco più di 12 anni ed era bravissimo), io alla chitarra, al basso Pino Epifani, alla batteria mio fratello Rino e alla seconda fisa Vito Prezioso, il solo maggiorenne del gruppo. Facendo delle cambiali acquistammo una vocale con microfoni e cominciammo a suonare per le piazze nelle feste popolari.. Con alcuni amici di scuola di Pino Epifani organizzammo una serata nel cinema di San Michele, dopo aver fatto le prove in un fabbricato in costruzione messo a disposizione dalla famiglia Chicomero. Con il gruppo Gli amici del tempo presentammo un repertorio folk, con Il Gruppo dello stanzino facemmo un repertorio di cantautori e infine si esibirono gli amici di Francavilla che suonavano musica rock. La GIOC Nel ’78 don Angelo, mio fratello, Rocco, Ciccio, Lillino e altri parrocchiali si recano in Val D’Aosta nella comunità di Bose. Lì conoscono un’associazione: la Gioc (gioventù operaia cristiana), si prendono i primi contatti e si pensa di proporre questa esperienza associativa a San Michele. E’ soprattutto grazie al lavoro fatto da Bruno Longo, piemontese, permanente della Gioc, che questa esperienza prende il volo. Figura fondamentale nella mia vita (come quella di Don Angelo), per la mia formazione e per le scelte che d’allora avrei iniziato a fare e a strutturare nella mia esistenza. Entro a far parte della Gioc nel ’80, un’esperienza formativa davvero unica, ci si mette in discussione con il metodo della revisione di vita (vedere, valutare ed agire) confrontandoci con il Vangelo. Prendiamo coscienza del nostro vissuto e di tutto ciò che ci circonda e con azioni concrete si prova a migliorarsi. Attraverso le inchieste si conosce meglio la realtà, si vive il confronto con le istituzioni e si presentano proposte per migliorare la condizione giovanile, con un attenzione particolare a quella operaia sempre esclusa da ogni forma associativa e di formazione. Una frase che ci segna è quella del cardinale Joseph Cardjn fondatore della Gioc “ Un giovane lavoratore vale più di tutto l’oro del mondo”. Servizio civile, non violenza e volontariato In quegli anni (’81) oltre a l’esperienza della Gioc insieme ad alcuni amici (Stefano, Pietro, Michelangelo, Stefano, Angelo, Giovanni.) realizziamo un club nel garage di Michelangelo. Ne abbassiamo il tetto con una insonorizzazione precaria, usando i cartoni delle uova, bucherellati da luci colorate. In questo club passiamo le nostre serate danzanti. Diventa per il paese un punto di ritrovo per ballare il sabato e la domenica. Nello stesso periodo entro a far parte di una radio (Radio studio San Michele). Continuo nel frattempo a suonare con Il Gruppo dello stanzino e partecipiamo a concorsi con canzoni inedite. A 17 anni faccio la scelta del servizio civile rifiutando una proposta di entrare nell’ aeronautica, un anno dopo comincia questa esperienza importante per me. Svolgo il mio servizio nella Gioc facendo comunità con Donato e Giovanni Parisi, Stefano Barletta, Giovanni D’agnano. Giro molto per tutta l’Italia, conosco tantissime persone e il loro vissuto diventa per me formazione di vita. Non servono le parole per comprendere le cose, ma l’esperienza e le scelte di ogni singola persona come quella del Vescovo Tonino Bello di Molfetta che diventa per me l’esempio concreto, dopo Gesù Cristo, di semplicità, di amore verso gli ultimi, di impegno profondo. L’esperienza della Gioc mi forma tantissimo; sempre in servizio civile faccio turni di volontariato per la Fratellanza popolare (ass. di mutuo soccorso) di San Vito dei Normanni facendo l’autista di ambulanza, anche qui un bagaglio di esperienza notevole soprattutto per i tanti rapporti umani vissuti. In quegli anni ci sensibilizziamo a tematiche importanti come la pace, la non violenza e il lavoro. Organizziamo vari momenti formativi, convegni, manifestazioni. Sono diversi pure i gruppi che si portano avanti nella Gioc. A San Michele costituiamo la consulta giovanile. Nasce l’Arci, nasce l’Avis. Organizziamo per alcune edizioni il Settembre sammichelano. Incontri e perdite Con Tommaso Zizzi nasce una grande amicizia, condividiamo l’esperienza della Gioc e molto del nostro tempo libero. Tommaso è per me una persona speciale. Nell’86, dopo diversi anni di sofferenza, viene a mancare mio padre all’età di 55 anni. Attraverso l’esperienza della Gioc conosco Maria Ciraci, ci innamoriamo e nell’’88 ci sposiamo.
Maturiamo insieme un’esperienza di coppia importante per il rispetto reciproco e la voglia di raggiungere insieme tanti obiettivi, tra cui la condivisione dei valori della solidarietà, dell’impegno e della non violenza che continuiamo a vivere ancora oggi insieme. Tommaso fa da testimone al nostro matrimonio, qualche mese dopo viene a mancare, una grande sofferenza per me subito dopo quella di mio padre. Sono gli anni in cui vedo crollare molti punti di riferimento: viene abbattuto lo stanzino per realizzare una strada. Mentre la ruspa tirava giù la casa, io ero lì di fronte con Maria, in macchina, a ripercorrere la nostra vita, quella di Tommaso e di tanti altri giovani vissuta in quel posto, per noi grande come il mondo, e che per tutti era lo “stanzino” . Qualcosa
che non c’è Riprendiamo l’esperienza musicale formando un nuovo gruppo “i Midiesis” formato da: - Adriano Cavaliere (tastiera) - Pompeo De Donno (basso - chitarra elettrica) - Rino Francioso (batteria) - Rocco D'Urso (voce - chitarra acustica - tastiera) - Vito Francioso cioè io (voce - chitarra elettrica).
Prendiamo una stanza in affitto, la isoliamo acusticamente e lì facciamo le prove. Per quanto riguarda l'aspetto strumentale, i componenti investono risorse economiche per acquistare strumenti di qualità; tanto è vero che oltre a dotarci degli strumenti personali (chitarra, tastiera, ecc.), acquistiamo in comune l'impianto di amplificazione. Il suono è limpido, pulito, la voce è sostenuta da effetti semi-professionali e sembra di essere ad un passo dai "veri gruppi". Un secondo aspetto risulta più stimolante e creativo: la produzione musicale. Il gruppo, oltre ad interpretare brani di artisti famosi, si cimentava nella creazione ed esecuzione di brani inediti. Se ne ricordano alcuni: Notti (scritta da Donato Parisi e Rino Francioso), Se cammini un po’ più in là, Tom, Aria di festa, (scritte da Rocco D'Urso)... La scelta del nome "Midiesis" è legato al tentativo di realizzare qualcosa che non c'é (la nota musicale MI# non esiste). Questa sfida ha permesso al gruppo di fare delle esperienze interessanti. Oltre ai vari concerti fatti in piazza in occasione di feste varie (Settembre Sammichelano, Festa Patronale, ecc.), si ricorda la partecipazione a concorsi canori a livello provinciale e regionale. A me e a Rocco viene fatta una proposta di piano bar in un locale a San Vito. Comincia così agli inizi degli anni ‘90 una nuova esperienza musicale, “La moderato’s band”: - Rocco D’Urso (tastiera e voce) - Vito Francioso (chitarra, voce e animazione) - Stefano Bellanova (sax , fisarmonica e tastiera)
- Altri artisti di San Michele Salentino hanno collaborato con la Band: Domenico Urgese, (fisarmonica) e Rosaria Leo (voce). Divenne
un "lavoro": si faceva del piano bar ai matrimoni, serate
danzanti, feste in piazza, ecc.
Un’esperienza davvero bella, soprattutto per il rapporto fra di noi e i
diversi aneddoti vissuti, tante serate e tanti i ricordi che ancora oggi,
quando stiamo insieme, raccontiamo. In
movimento Nel
’91 nasce il mio primo figlio Cosmiano, una nuova esperienza per me
molto bella, come per ogni genitore, quella di sentirsi padre e stupirsi
della meraviglia della vita. In questi anni,
oltre alla Moderato’s band continuo a fare la Gioc con mia
moglie, cosa molto importante che aiuta il nostro rapporto a basarsi su
valori forti. Come lavoro mi alterno tra piastrellista e potatore di
olivi. Nel ’93 partecipo nell’organizzazione della manifestazione “Voglia di cantare”.
L'organizzazione
della manifestazione richiedeva grosse risorse finanziarie ed umane. Basti
pensare che il comitato (il primo anno) e l'associazione (gli anni
successivi) erano composti da circa 30 giovani tutti impegnati nelle varie
incombenze organizzative. Quindi oltre a far emergere i talenti
sammichelani, Voglia di Cantare
è stata un forte momento di aggregazione dove tanti giovani (molti erano
alle prime esperienze di impegno nel sociale) hanno donato il proprio
tempo libero - e non solo - per la realizzazione della manifestazione, i
cui preparativi richiedevano mesi di lavoro. Il
grande successo in tutte le tre edizioni è stato comprovato dalla folla
di gente che ha gremito piazza Marconi. Nel
’96 nasce il mio secondo figlio Michele e
in famiglia viviamo tutti, compreso Cosmiano la gioia di questo
calore umano. Vivo forti emozioni nel sentire una famiglia unita e
gioiosa. L’esperienza della Moderato’s band si conclude. Sono gli anni
in cui continuo a dedicarmi pienamente al volontariato nella Gioc
(sostenendola questa volta da adulto) insieme a Rocco D’Urso e Felice
Prete. Mi dedico maggiormente alla famiglia. A
malincuore abbandono la musica per alcuni anni, sembra un esperienza chiusa per me. La
famiglia ed il lavoro diventano le uniche cose che vivo pienamente in
questo periodo. Continuo a essere presente nella Gioc, nell’Avis, ma con
ruoli marginali. Con
Maria viviamo una nuova esperienza. Grazie all’invito di mio fratello
Rino e di sua moglie Franca, partecipiamo ad Incontro
matrimoniale, un’esperienza bellissima per le coppie, anche questa
legata alla fede, che con Maria avevamo già vissuto in forma diversa
nella Gioc. Ci piace tanto questa nuova esperienza che invitiamo a
partecipare diverse coppie nostre amiche. Entro
a lavorare in un’azienda agricola di uva da tavola con 100 operai,
instauro un bel rapporto con molti di loro e il lavoro, anche se spesso è
pesante, mi piace. Questa
esperienza mi ha fatto capire
come è complicato ma anche bello lavorare con tante persone e come è
difficile in queste realtà ottenere i diritti. Con
la “comitiva” di lavoro, come è
mio solito fare, organizzo vari momenti, gite, serate danzanti e si
sta insieme a festeggiare in diverse occasioni. Ricomincia così a
rinascere in me la voglia di riprendere a suonare. Grazie all’appoggio
di Maria mi rituffo in questa nuova avventura acquistando un nuovo
impianto di amplificazione, strumenti vari, questa volta di alta qualità
professionale. Mi avvalgo della collaborazione di vari artisti, quasi
tutti i fisarmonicisti di San Michele, vari cantanti, e animatori
di balli di gruppo, in particolare vengo affiancato dal bravissimo
cantante ed animatore Francesco Antelmi, da Rosaria Leo (cantante) Stefano
Bellanova (sax e fisarmonica) e Domenico Urgese (fisarmonicista). La
ripresa dell’attività musicale mi porta a lasciare il lavoro
nell’azienda agricola, mi alterno così come lavoro tra musica,
piastrellista e potatore. Con
Rocco D’Urso ci ritroviamo
musicalmente in maniera acustica a fare canzoni impegnate, il feeling
musicale tra noi è altissimo, come altissimo è per noi la voglia di
spenderci per gli altri. Cominciamo a pensare ad un gruppo che si ritrovi
su valori comuni con le caratteristiche della semplicità e con voglia di
stare insieme in modo puro. C’è voglia di recuperare l’esperienza di
tutti i musicisti di ieri e di oggi di San Michele e di realizzare una
manifestazione. Pian piano il gruppo si forma: io e Maria, Rocco e sua
moglie Maria, Angelo e Domenica, Nando, Pietro e Lorenzo. Nasce così nel
2003 “Movimento circolare”. L’associazione è senza scopi di lucro. Essa persegue i seguenti scopi: - Promuovere la cultura e la pedagogia della memoria di sé e degli altri e il rapporto tra le generazioni; diffondere la cultura musicale nel mondo giovanile e non; - ampliare la conoscenza della cultura musicale, letteraria ed artistica in genere, attraverso contatti fra persone, enti ed associazioni; - allargare gli orizzonti didattici di educatori, insegnanti ed operatori sociali, in campo musicale affinché sappiano trasmettere l'amore per la cultura musicale ed artistica come un bene per la persona ed un valore sociale; - proporsi come luogo di incontro e di aggregazione nel nome di interessi culturali assolvendo alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile, attraverso l'ideale dell'educazione permanente; -promuovere la crescita del benessere delle persone attraverso attività di promozione culturale diffusa, operando tramite tutte le forme artistiche ed espressive, promovendo luoghi e spazi per la creazione e la fruizione culturale; -l'educazione alla responsabilità civile ed alla cittadinanza attiva. Parte
subito il progetto “io vagabondo” che si
ripromette di raccogliere e
di far rivivere le storie dei musicisti di ieri e di oggi, costruendo così
la memoria storica del paese. Il progetto si conclude con due
manifestazioni: la prima un’ anteprima del progetto il 30 agosto ’03
in “
Note in movimento” dove si esibiscono alcuni musicisti di San
Michele. Successivamente riusciamo a realizzare un altro progetto davvero
ambizioso: una sala prove insonorizzata per tutti i musicisti.
Così si conclude il progetto “Io vagabondo” con la manifestazione del 13 e 14 agosto del ’04 “Note
in movimento 2” .E’ una grandissima manifestazione che ha come
partecipanti più di 80 musicisti di San Michele di tutte le generazioni e
più di 50 collaboratori per la riuscita della manifestazione. Per me ricomincia l’esperienza musicale in vari gruppi, nei “Voyager” con la musica dei Pink Floyd, alla batteria c’è Davide Bolognino che ritrovo dopo un’esperienza fatta negli anni 80, Pompeo De Donno al basso, Tommaso De Nitto alla formidabile chitarra elettrica, io alla seconda chitarra elettrica e acustica, Stefano Bellanova tastiera e sax, Gianni Leo, Francesco Antelmi, Anna Cofano e Mina Carlucci alle voci. Suono in alcune serate con il gruppo popolare i “Vuzzaria”
con Diana Ligorio Anna Maria e Angelo Epifani, Andrea Pelliccia e Barbara. Partecipo
alle diverse situazioni di gruppo per le varie manifestazioni organizzate
dall’associazione “Movimento circolare” quali
“ Note in movimento”,“L’isola
che non c’è” 50 anni della musica e cultura rock “ e “
Serata di omaggio a Fabrizio De Andrè”. Collaboro
con esperienza teatrali per audio e luci, in particolar modo con la grande
amica, che stimo tantissimo, Rosaria Gasparro. La
musica, il volontariato e i tantissimi rapporti che ho vissuto e sto
continuando a vivere sono insieme a Maria, Cosmiano e Michele, le cose più
belle che questa vita mi ha donato. E’ tantissima ancora la voglia di spendermi, spero che tutto questo, il senso sperimentato finora sia sempre presente nella mia vita futura.
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