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intervista
a Don Pino Nigro
- Chi è Don Pino, cosa fa, dove vive, i
legami e i contatti con San Michele.?
Don pino e’ Pino Nigro, niente di piu’ e niente di meno, non so
se ancora qualcuno si ricorda di me. Ho 37 anni, sono sacerdote da
11 e da 4 faccio il parroco a leverano (paese agricolo vicino a
porto cesareo), con San Michele ho pochi contatti se non quelli con
i parenti stretti e qualche amico vero.
- Anche tu sei stato e sei un "musicista"
"chitarrista", so che hai scritto delle canzoni. Com'è
nata questa passione?
Certo che sono stato un musicista ma suono ancora. Suono un po’
tutti gli strumenti e sono contento. La mia passione per la musica
me l’ha trasmessa un vecchio amico, Rocco D’Urso, avevo 13 anni
e guardandolo suonare ho preso la chitarra e ho suonato.sono 24 anni
che non mi fermo piu’. Amo la musica perché mi fa sognare. Ho
scritto delle canzoni, dei recital, uno famoso mandato pure da
RAITRE, ma non raccolgo mai quello che scrivo: vivo l’attimo.
Definire la mia passione per la musica è poco, non esiste un
aggettivo per definire il mio amore per la musica. Tutto ciò che
produce suono per me è
emozione. Ultimamente stando a contatto con amici dell’Africa ho
scoperto dei ritmi bellissimi. Ecco il ritmo è musica. E’ vita.
La chitarra poi è una storia a parte con lei ci parlo, mi sfogo
creo e volo. Volo lontano verso un mondo migliore, un mondo che ho
sempre sognato e ringrazio Dio per tutto questo. Davide uno dei più
grandi personaggi biblici era un suonatore lui amava Dio con
l’arpa e con la cetra. La musica è la sintesi della vita, è
l’armonia della persona. Scatena la parte vera e genuina che c’è
in me. Non mi addormento mai senza aver ascolto musica. Sai mi
chiamano DON POP.
- Prova un po' a descrivere il contesto familiare, sociale,
culturale e politico di quegli anni.
Beh i miei ricordi più belli con San Michele sono dal 1980 al 1985.
in quegli anni mi sono formato e oggi sono una persona felice grazie
a quegli anni. Ho perso il papà molto presto e gli amici
divennero la mia seconda famiglia. A livello sociale
culturale e politico senza presunzione posso dire che sono stati gli
anni più fecondi per la vita del paese. Tutto era politico, non
solo in senso partitico ma in senso vero: si lottava per migliorare.
Io giravo dappertutto ovunque ci fosse bisogno per fare qualcosa di
utile per la comunità. Iniziava il volontariato, le occupazioni,
centri culturali, le inchieste… Tutto era politico, vedi, non
politicizzato, dalla parrocchia alla scuola. Si voleva un paese
migliore.
- Lo "stanzino” e l'esperienza che hai fatto, cosa ha
significato per te e per gli altri giovani?
Lo stanzino ha una duplice faccia: esiste lo stanzino musicale e lo
stanzino culturale.
Lo stanzino musicale ha diverse sedi prima di stabilirsi in
quello definitivo. Il primo sorge in piazza Dante, poi nel garage di
Michelangelo, poi in via Gandhi e infine vicino alla parrocchia. In
tutti questi stanzini abbiamo fatto musica, musica vera. Musica che
oggi si definisce da GARAGE e noi il garage lo avevamo d’avvero. I
musicisti si dividevano in due categorie c’erano i grandi: Rocco,
Rino, Vito, Pino Epifani, Lillino e c’erano i piccoli che erano i
“cloni dei grandi”. Beh c’era il secondo batterista, il quarto
chitarrista ecc… Io ero proprio il quarto perché venivo dopo
Rocco Lillino e Vito. Va beh passa per Rocco e Lillino ma di Vito
ero “invidioso” cosi imparai a suonare il basso pur di avere un
piccolo spazio. Copiavo tutte le mosse di Pino Epifani e riuscii a
salire diverse volte sul palco suonando dei pezzi bellissimi. Cosi
suonando basso e chitarra ho sviluppato uno stile che definisco
personale e questo mi piace. La chitarra però la suonavo in Chiesa
dove ero primo in assoluto. Ancora oggi il basso mi piace tantissimo
e lo suono spesso. lo stanzino fu musicale fino alla sua
ristrutturazione. In una prima fase era acerbo e grezzo come 100
anni prima. Era bellissimo. Avevamo fili appesi da ogni parte,
strumenti sani e molti rotti e ognuno nel corso della giornata
andava e suonava. Era il nostro spazio per crescere. Poi avvenne la
ristrutturazione e ci imborghesimmo un pò. Ciascuno di noi stava
prendendo strade diverse. Si cresceva. Alcuni fecero esperienze con
gruppi musicali di altri paesi, diversi iniziarono la “meditazione
trascendentale”, altri rinnegarono tutto e la storia non ebbe un
lieto fine.
Lo stanzino culturale invece è stato un punto fermo della
formazione di un buon centinaio di giovani di allora, paragonabile
alla scuola di Barbiana fatta da DON MILANI. Lo stanzino ha forgiato
vere persone, autentiche e genuine. Vicino allo stanzino oserei
mettere Emmaus che allo stesso modo è stata la mia oasi felice per
sempre. Nello stanzino si è fatta musica. Sono nati gruppi
spontanei. Tanti hanno imparato a suonare un strumento è questa e
cultura vera. Mi passano dinanzi tanti volti, tanti soprannomi,
tante litigate e tanta gioia. La musica più di ogni altra cosa
diventava la nostra unione. Non dimenticherò mai una sera quando a
lume di candela abbiamo cantato “SERA DI GALLIPOLI” di Bertoli.
Si creò un’atmosfera magica e profetica e non so ma quella sera
io ho capito tante cose della mia vita. Dopo quella canzone le
nostre strade si divisero. Diventammo grandi e ognuno iniziò la sua
strada.
Lo stanzino è stato un luogo molto francescano ricco di vera
spiritualità tutto vissuto in fraternità.
Oggi a vent’anni di distanza certe esperienze ricche di umanità e
spiritualità te le offrono alle
agenzie viaggio per scaricare lo stress. E chi aveva allora tempo
per lo stress ero cosi felice di vivere che il resto non esisteva.
- Racconta un aneddoto.
Gli aneddoti sono tanti. Ne voglio ricordare 2 in particolare. Il
primo riguarda Tommaso Zizzi. Una sera avevamo preparato
“l’acquasala” e non avevamo niente per girarla e far
insaporire le frise con il condimento. Allora Tommaso si lanciò
come una saetta e infilò le mani nella grossa scodella e girò il
tutto come il muratore fa con il cemento. Non ho mai mangiato niente
di più buono. Lui si leccò le dita fiero come un maestro di spada
dopo la stoccata vincente e noi scoprimmo che ci volevamo
tutti bene.
Il secondo riguarda il soprannome di Vito Francioso “DLIN DLIN”.
Lo chiamavamo “Vito dlin dlin” perché non ci faceva mai finire
per intero una canzone senza dover accordare la chitarra,
specialmente il Si, che per lui era sempre scordato. Che noia. Cosi
nacque “dlin dlin” dovuto al suono della corda della chitarra
quando la tiri per accordarla. Eravamo cosi, spontanei e genuini
come il dlin dlin di una corda di chitarra.
- Quali sono stati i valori e/o i disvalori vissuti?
I valori: l’amicizia, la lotta vera, la crescita
spirituale, l’aver conosciuto Cristo
e la creatività.
I disvalori: l’imborghesimento mentale, la fine di un
sogno che avrebbe potuto cambiare un paese, il tradimento: eravamo
solo ragazzi sognanti e gli adulti lo hanno distrutto; e il crollo
di quel luogo, prima spirituale e poi materiale ancora mi fa un male
tremendo, non passo più da quella strada.
- So che ami la musica degli U2. Cosa provi quando ascolti o suoni
le loro canzoni?
Gli U2 li ho conosciuto nel periodo più infelice della mia
esistenza. Stavo guardando chiuso in casa per tre giorni il Live-Aid
a favore dei poveri. Sai quel mega-concerto fatto tra Londra e
l’America con tutti i cantanti più famosi? Bene. Io aspettavo
l’esibizione di Bruce Springsteen e altri ma ad un certo punto
sento una batteria che sembrava il mio cuore, una chitarra che
piangeva il lamento di gente uccisa da falsa politica e una voce che
gridava tutta la voglia di combattere contro le ingiustizie: Sunday
bloody Sunday. non conoscevo chi fossero ma il giro di chitarra lo
memorizzai e lo suonai subito. Qualche settimana dopo andai a Bari e
al venditore di dischi feci ascoltare il giro alla chitarra. Lui mi
disse: sono gli U2. Finalmente qualcosa di mio. Avevo partorito
qualcosa che nessuno mi aveva insegnato, avevo fatto una mia scelta.
Non è che rinnegai la musica passata anzi, ma adesso avevo qualcosa
di mio. Non mi interessava se fossero famosi o altro: mi piacevano e
questo bastava. Poi ho scoperto tutto il resto. Chi li conosce sa di
cosa parlo chi non li conosce… pazienza, si sono persi il meglio
della musica come arte e come artisti (basta vedere quello che Bono
ha fatto per il debito mondiale).
- Oltre agli U2, cosa ti piace ascoltare? Segui altri artisti?
Quali?
Musica straniera (U2, Springsteen), musica popolare (pizziche e
tarantelle) e colonne sonore. Oltre alla mia prima generazione
musicale: i mitici cantautori italiani, quelli veri che non si sono
venduti a nessuno.
- Dai un giudizio alle canzoni di oggi.
Solo la canzone popolare e etnica il resto non esiste più
purtroppo.
- Come percepisci il contesto sociale/religioso dei giovani di oggi, qui a
San Michele e nella realtà in cui vivi?
Quali sono i valori e disvalori che vivono?
A San Michele so che non c’è proprio niente di niente e di questo
anch’io mi sento in colpa. Però la causa è in chi si è
imborghesito vendendo i veri valori al perbenismo interessato.
Quello che una volta nasceva spontaneo oggi è istituzionalizzato.
Non ci sono punti di riferimento e modelli da seguire. Siamo in un
brutto periodo però non mi scoraggio. Ora sto diventando adulto e
non voglio ripetere errori fatti. Spero che un giorno…chissà.
I giovani non hanno colpe vivono in quello che li abbiamo creato.
Hanno valori che non riusciamo a cogliere perché ci muoviamo con i
paraocchi. La musica resta un grande strumento di aggregazione e se
si riesce a non far morire la musica molte cose andranno meglio.
- Come si concilia la fede con la passione per la musica?
Benissimo chi canta prega due volte dice Sant’Agostino.
- Qual'è il tuo sogno e/o progetto che vorresti realizzare riferito
alla dimensione artistica/musicale anche in relazione al discorso
evangelico?
Attualmente sto lavorando ad un recital su SAN FRANCESCO visto con
gli occhi di un adulto. Lui per me è la sintesi di tutto.
Buon lavoro.
Grazie e complimenti veri per il sito che e’ il nuovo
“stanzino”.
Ciao a tutti, DON POP
Se volete scrivetemi cristo@tin.it
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